Ricordo ancora bene quello che si disse in merito all’esordio degli Ash Code “Oblivion”. Critiche non sempre entusiastiche per un lavoro tacciato di ripetere certi cliché ancorati alla darkwave 80’s. Eppure Alessandro, Claudia e Adriano avevano confezionato un prodotto che, seppur non brillando certo di originalità era estremamente godibile e racchiudeva il germe di potenzialità ancora da esprimere. Le vendite andarono bene, tanto da permettere alla Swiss Dark Nights di stampare una seconda edizione di “Oblivion”.
Giunti alla prova del secondo album “Posthuman” gli Ash Code hanno ulteriormente sviluppato la buona base che possedevano, registrando un disco di 12 tracce che volano via senza annoiare l’ascoltatore e, soprattutto, senza suonare come qualcosa di già sentito o riciclato.
Il trittico iniziale composto da “It’s Time To Face The Abyss”, dal singolo “Nite Rite” e “Challenging The Sea” sono emblematici di quanto gli Ash Code riescano a coniugare senza risultare stucchevoli, la tensione ritmico, nervosa ed elettrica, ad un indiscutibile senso melodico accattivante, spesso coadiuvato da ritornelli killer che catturano fin dal primo ascolto.
Anche quando il ritmo si fa leggermente più lento, come in “Insensitive”, il livello compositivo rimane ottimo. Impossibile non rimane catturati dalle linee vocali e dai possenti giri di basso che da sempre marcano indelebilmente il sound dei Nostri.
Se la title e track “Posthuman” tesa, cupa, epica e claustrofobica scaraventa l’ascoltatore verso lidi inesorabilmente cupi quanto affascinanti, discorso che verrà ripreso anche in altre due tracce ovvero l’atmosferica e cupissima “Tide” e l’elegante ballad finale “A New Dawn”, è necessario sottolineare come il salto di qualità di questo disco sia riconducibile a due goth song pressoché perfette. “The Last Stop” è una scheggia impazzita destinata a riempire le piste dei dancefloor mentre l’atmosfera sognante a la Cure di “Fragments” rappresenta più che una piacevole novità nel sound della band, dimostrando una notevole versatilità di mood.
L’impiego di strumenti aggiuntivi rispetto al passato come il theremin per contribuire a rinnovare e rafforzare il suono, fanno di questo “Posthuman” un album estremamente versatile ma compatto.
Il futuro degli Ash Code, sono sicuro, ci riserverà graditissime sorprese.