“The lifted veil” si apre con un’angosciosa sequenza di morte. Latimer, protagonista e voce narrante del romanzo, è dotato di facoltà mentali fuori del comune: può vedere il futuro e leggere le menti degli altri. Grazie alla sua eccezionale chiaroveggenza ha previsto che morirà di lì a un mese, il 20 settembre 1850. Non gli rimane che usare il tempo che lo separa dal giorno fatale per raccontare le strane vicende della sua esistenza, nella speranza di trovare quella solidarietà che non è mai stato capace di suscitare durante tutta la sua vita.
Due dame vittoriane si cimentano col racconto nero! George Eliot (pseudonimo di Mary Ann Evans, già autrice del “Mulino sulla Floss”) analizza atmosfere di preveggenza -a un passo dal delirio allucinatorio- nel lungo manoscritto di Latimer, il protagonista del racconto…
“esattamente tra un mese, il 20 settembre 1850, alle 10 di sera, mi troverò seduto su questa poltrona, in questo studio, stanco di intuire e di prevedere ancora, senza delusioni e senza speranze….ho paura di morire ma nessuno viene in mio aiuto…..tenebre -tenebre- nessun dolore, null’altro che tenebre…..passo e ripasso nelle tenebre:
i miei pensieri diventano tutt’uno con quell’oscurità con la sensazione di sprofondare sempre di più…..”
“Vivevo sempre più staccato dagli altri…visioni di città ignote, pianure sabbiose, colossali rovine, cieli di mezzanotte rischiarati da fantastiche costellazioni, valichi montani, angoli erbosi chiazzati dal sole pomeridiano che filtrava tra i rami degli alberi…..sentivo incombere su di me la presenza di qualcosa di sconosciuto e implacabile, e fra tutte questa visioni ritornava, sempre, quella della mia morte:
l’angoscia, il senso di soffocamento, l’ultima lotta di chi cerca invano di aggrapparsi alla vita”
“Impariamo a memoria le parole, non il significato: il significato lo dobbiamo pagare con il nostro sangue, ed è impresso nelle più sottili fibre dei nostri nervi…”
Il racconto è molto lungo e tutta l’azione si snoda attraverso lunghi flashback che mettono in primo piano le emozioni del protagonista e i suoi turbamenti interiori, fino all’epilogo finale. Nel “Racconto della vecchia nutrice” di Elizabeth C.Gaskell, che segue il “Velo dissolto”, i fantasmi di una bieca vicenda familiare tornano in mezzo ai vivi in un’enorme desolata villa, in un racconto che si ispira al “Castello di Otranto” per l’accurata dscrizione della fatiscente villa e allo stile impalpabile del “Giro di Vite” di James per la descrizione delle apparizioni spettrali nella neve..
Gran bel racconto dell’Orrore!