Giuditta Corgnati, precedentemente cantante e bassista del duo torinese Moldig, ci accompagna con il suo nuovo progetto solista – il S/T album “Sitting Girl With Arms Bent” – in un mondo oscuro ed introspettivo, smembrato e ricomposto in un’atmosfera cupa di suoni vibranti.
Leitmotiv dell’intero album, aperto dalla malinconica By Gones, sono le chitarre riverberate, i riff ripetitivi a tratti antimelodici, sostenuti da un cantato intenso ed avvolgente.
Uno spaccato del Sé, un ritratto “painted black”, costruito con sonorità che rimembrano qualcosa della no-wave e del lato buio del post-punk, ben espresso dalla traccia che è la vera rivelazione dell’album: Black Shapes. I riff di chitarra e batteria sono carichi, pregnanti, ipnotici, mentre la linea vocale – con un testo scarno ma di effetto – ci trascina in un loop irresistibile, accarezzando le “curve nere” di una sensualità magnetica tutta femminile.
L’impressione è tuttavia che tale livello di intensità non riesca ad esser sostenuto per l’intero lavoro, che tende invece a stemperarsi subito dopo e cadere in una certa monotonia di suoni ed ispirazioni che appesantiscono l’ascoltatore.
Si tratta di un progetto ammirevole ed ambizioso, fortemente coniugato in maniera personale dall’artista e portato avanti con grande capacità tecnica; tuttavia, troppo omogeneo e poco arrischiato per una voce così interessante ed eclettica.
Spero fortemente di sentire ancora parlare di questa band, e che le mie critiche possano diventare un invito a sviluppare con più tenacia quello che resta un ottimo spunto iniziale, nel contesto di una scena italiana che continua ad evolversi e rispondere sui generis agli spunti provenienti dal più vasto panorama della subcultura post-punk.