Lasciamo che siano le parole di Gianluca Becuzzi a introdurre Unholy Rituals:
“Limbo è un’entità artistica da tempo definitivamente estinta e questo lavoro non ne annuncia il ritorno. “Unholy Rituals” non è una ristampa, non è un’antologia, nè una raccolta di inediti ma una quadrilogia di demix equamente ripartita in due album distiti. La pratica del demix si differenzia significativamente da quella più nota del remix per procedura formale e finalità estetiche. Mentre il remix interviene sulle singole tracce originali che compongono un brano per fornire una versione alternativa, il demix decontestualizza intere porzioni audio ricontestaulizzandole secondo criteri “altri” rispetto alle fonti. Così, per realizzare queste composizioni ho utilizzato in parte sound sources estratte dalla prima produzione di Limbo e in parte dall’opera di altri artisti che ho selezionato in base a criteri di prossimità estetica. Privati del loro contesto originario i singoli samples sono stati poi organizzati per gruppi in forma di audio cut ups.Ciò che si può ascoltare qui non è “un vecchio disco” di Limbo, perchè prima d’ora Limbo non si era mai manifestato in queste forme. Ma non si tratta precisamente neppure di “un nuovo disco” dal momento che esso è materialmente l’esito combinatorio di elementi preesistenti . Di fatto questa decostruzione sistematica ha prodotto una rappresentazione costantemente in bilico tra dimensioni antitetiche: se è altro, ora e allora, qui e altrove, sempre e mai. Una Twilight Zone nella quale segni e significati tendono a stratificarsi, sovraesporsi, rovesciarsi e collassare gli uni sugli altri. Il processo può apparire sintomatico se si considera che, più in generale, il nostro tempo è segnato dalla disgregazione del reale in favore di ciò che il pensiero postmoderno ha teorizzato come iper-realtà. Un mondo governato dal caos semantico, malato di ipertrofia comunicazionale, infestato da illusioni e fantasmi; una dimensione nella quale il riflesso distorto dell’essere si sostituisce all’essere stesso. Ed è forse per queste ragioni che “Unholy Rituals” genera spettri persistenti, tanto prossimi da risultare tangibilmente sospesa nel limbo come unica certezza residua”.
Questo lavoro a nome Limbo esce in versione vinile, ben due, davvero curati con precisione certosina, dai titoli Vol. I e Vol. II, il primo in bianco, il secondo in nero.
Pensate che è possibile addirittura proiettare in una stanza, servendosi di una luce, “le ramificazioni dell’albero” che campeggia in copertina, utilizzando una special lente inclusa! Completano la confezione dei documenti alchemici.
Le coordinate stilistiche sono l’Ambient glaciale, nichilista e disgregata di casa Cold Meat Industry; un altro parallelo potrebbero essere i Sigillum S, Deutsch Nepal e i Current 93 di Nature Unveiled per una certa vena esoterica che permane il tutto: il side A del Vol I è una lunga narcosi dai clangori quasi metallici e fruscii continui che si dipanano su una base quasi minimale mentre una voce “demoniaca” recita suoni inintelligibili.
Anche il side B del Vol I si configura come una lunga ed estenuante catalessi insalubre e mefitica, con voci captate e modulate, qualche volta “filtrate”: mi hanno riportato in mente alcuni frangenti dall’omonimo cd dei Laibach, per una certa vena apocalittica e marziale.
Tutto è spesso solo sussurrato o distorto fino alla parodia: si senta l’intro del side A del Vol II, con un orgasmo (?) femminile che, campionato e manipolato all’inverosimile produce un profondo senso di grottesco al quale poi si innesta una base quasi asfissiante e “ronzante”.
Il side B del Vol II da via libera a un sottofondo maggiormente musicale, rispetto alle destrutturazioni precedenti. L’effetto è fortemente ipnotico e lisergico.
Ovviamente, è un lavoro volutamente elitario e che rifugge da qualsiasi logica di “commercialità”; se già, sotto un certo punto di vista, la musica Dark Ambient (e le derive ancora più estreme spesso collegate come Industrial/Noise/Power Electronics) è già “anti-commerciale”, pur esistendo all’interno di questo settore band che riscuotono comunque un “successo di massa” (per quanto di nicchia, pensate per esempio ai famosissimi MZ412 o Lustmord!) qui è evidente che non si è voluto fare nessuna concessione all’ “overground”.
Se amate le derive più oltranziste e pesantemente cariche di avanguardia ed esoterismo, questo lavoro indubbiamente ha tutte le carte in tavola per affascinarvi. Se il genere Dark Ambient (e qui non ci trovate assolutamente melodie classicheggiantioperistiche “angelicate”) non è propriamente il vostro pane quotidiano, non penso che possiate trovarlo di vostro gradimento, resta un lavoro saldamente – e orgogliosamente- ancorato all’oltranzosità del proprio “essere di nicchia”.
Lunaria
Ambient
2012
Limbo