Marcus Dunston torna – dopo i film dedicati al collezionista (1) – al thriller di ambiente domestico, raccontando una storia “noir” che vira per momenti all’horror.
John sopravvive fornendo targhe nuove a ogni sorta di delinquente, mettendo da parte i soldi per andarsene insieme alla sua donna, Rosie. Questa passa il suo tempo spiando, attraverso un cannocchiale, il suo vicino; finché, un giorno, non lo scopre intento a uccidere un tizio malmesso, in fuga dalla sua abitazione. John rientra a casa da una visita allo zio – che è anche il suo boss – e, non trovando Rosie, si avvia a fare una visita a Troy, il vicino. Scopre così che l’attività dell’uomo – e dei suoi due figli – è ben peggiore di quanto potesse immaginare. Rimasto intrappolato – insieme alla moglie e ad altre vittime – nella casa, dovrà scontrarsi in una dura e sanguinosa lotta per riconquistare la libertà.
Visivamente molto bello – con le sue variazioni di ripresa, per quanto illustrative e “snob” possano apparire – e l’eccellente fotografia di Eric Leach (Intruders, 2015 di Adam Schindler); il film è anche una affascinante rilettura di un genere piuttosto frusto a questo punto, in cui si convogliano echi (per non dire vere e proprie riproposizioni) di Hitchcock, del cinema di Tarantino e del susseguente flusso “neo-noir”, e del più recente “torture-porn” (per quanto torture e sadismo vengano elise, a vantaggio dell’azione violenta, rimanendo appena accennate in qualche notevole effetto speciale del maestro Robert Kurtzman, ex K della celebrata KNB EFX Group, e regista del solido Wishmaster / Wishmaster – Il signore dei desideri, 1997) – in cui l’incastro notevole e intrigante dello “script”, firmato dallo stesso regista insieme al socio abituale Patrick Melton, intrappola una collezione di tipi spiacevoli – con due protagonisti che non sono propriamente gradevolissimi, antagonisti decisamente psicopatici, un boss di aberranti cinismo e spietatezza, e, in particolare, una poliziotta corrotta dai violenti impulsi sadici – in una rete di situazioni delinquenziali che finiscono per stringersi come una morsa su tutti quanti; anche attraverso l’intelaiatura di ottimi dialoghi, con battute che tradiscono la latente sete di sangue di tutti i personaggi – esemplificativi il primo incontro tra Troy con John e Rosie, e il pistolotto dello zio come avvertimento a un subodorato tradimento da parte di John.
L’azione, quando esplode, appare un po’ standardizzata, ma scorre via con forza e buon ritmo, sostenuta da una notevole tensione che testimonia l’ottimo mestiere di Dunston, grazie anche a un contrappunto musicale – dell’eccellente Charlie Clouser (la franchise Saw) – che si appropria, aggiornandole, di certe composizioni di John Carpenter.
Gli ottimi interpreti – dal John di Josh Stewart (Trascendence, 2014 di Wally Pfister), al Troy di Bill Engvall (Sharknado 3: Oh Hell No! / Sharknado 3: Attacco alla Casa Bianca, 2015 di Anthony Ferrante), passando per la sensuale Alex Essoe (l’antologico Tales of Halloween, 2015), il viscido Neil di Skipp Sudduth (The Hunted, 2013 diretto dallo stesso Josh Stewart, qui protagonista) e la crudele (quanto memorabile) poliziotta di Jacqueline Fleming (Abraham Lincoln, Vampire Hunter / La leggenda del cacciatore di vampiri, 2012 di Timur Bekmambetov) – fanno al meglio la loro parte; e The Neighbor finisce per rivelarsi un buonissimo “thriller”, teso e, malgrado i territori alquanto noti in cui si addentra, decisamente meno scontato del previsto.
(1) = The Collector, 2009 e The Collection, 2012.