Diamanda Gala¡s, è uno dei personaggi più riconosciuti ma meno conosciuti dal pubblico della musica di ricerca. Musicista, cantante e pianista statunitense di origini greche, appartiene ad un ambito molto particolare della ricerca musicale contemporanea e della performance art. La sua arte complessa, le cui radici si allargano nella musica, nella storia, nella letteratura, è tutta volta ad esprimere il tabù più antico ed estremo con cui la Gala¡s da sempre si confronta: la morte. E lo fa con lo strumento musicale più istintivo, più fisico ed astratto, da sempre a disposizione dell’uomo, la voce. Partendo da Demetrio Stratos, fondatore e cantante degli Area, che basava la sua arte su sperimentazioni e ricerche vocali al punto di riuscre ad usare la sua voce come un sintetizzatore in grado di controllare con precisione le onde sonore, la Gala¡s, “soprano lirico spinto con un’estensione vocale di tre ottave e mezzo, coglie questa visione della voce come strumento e la valorizza modellandola nelle forme più diverse intrecciando il discorso tecnico con quello espressivo. Il suo primo lavoro, The Litanies Of Satana (1982), il cui titolo proviene dall’omonima poesia di Charles Baudelaire recitata nell’album, sorprende per lucidità e originalità di forme espressive, con la voce solenne ed ossessiva che violenta con distorsioni e raddoppi, acuti insostenibili ed improvvisi abbassamenti di tonalità.
L’errore di fondo è considerare Diamanda Gala¡s come una delle tante manifestazioni che sfruttano superficialmente immagini oscure o per il loro impatto mediatico o per ricoprire un vuoto d’idee; attraverso dolorose esperienze personali, un approfondimento della propria disperazione e raggiungendo una cifra stilistica irripetibile, la morte per la Gala¡s diventa un abito cucito sulla propria carne, una seconda pelle.