Diamo spazio anche a questa interessante realtà italiana, ma con membri palestinesi e svizzeri, i Vanity, autori di Occult You.
L’album è caratterizzato da un suono denso e fuligginoso, che si espande, come la nebbia (Occult you, quasi di ascendenza Dark Wave), cadenzato da vocals tristi e consunte, fino alla presa di coscienza improvvisa: il suono è lacero, abbattuto (Sleeping Tears), su ritmi rallentati, (la mesta Ruins, per esempio, Pagan Hearts o Time’s new romance) spesso agonizzanti e sommersi (l’intro di Under Black Ice) che trasmettono un senso di claustrofobia profonda e dolente. Ghosts, una delle migliori track del cd, insieme a Under Black Ice, sulla quale aleggiano spettrali effetti lontani e desolati, mentre la voce tenta disperatamente di sopravvivere. Molto freddo, ma mai boreale e distaccato alla Lycia: anzi, la band è attenta a dare vita a un suono sanguigno e “adrenalitico”, prismatico, che si perde in spire di dinamismo (Ruins, o ancora, l’intro “fustigante e corrosivo” di Sun e The Wanderer, che poi divagano in vocals che si perdono in echi di orizzonti lontani) con la chitarra sferragliante e pulsante in primo piano (Time’s new romance) mentre nel sottosfondo prevale un’impronta uggiosa. Un possibile paragone potrebbero essere dei Placebo, Swervedriver o dei The Black Heart Procession ulteriormente annerriti.
Cd interessante, con buona capacità tecnica/compositiva, vi consigliamo di sicuro l’ascolto. Di recente, l’interesse per queste sonorità più lacere e consunte è stato ripreso anche dai siciliani Ashville Disease, a dimostrazione che la scena musicale italiana è più viva che mai.