Protagonista della storia è Emma, giovane andata in sposa ad un gretto e mediocre medico di provincia, tale Carlo Bovary, nei confronti del quale ella comincerà presto a mostrare segni di insofferenza. Questo malcelato fastidio sarà anche acceso da alcuni tristi figuri che sono soliti frequentare casa Bovary, quali ad esempio il farmacista Hamais e un prete, che in men che non si dica si guadagnano l’irriducibile antipatia di Emma.
Questa però inaspettatamente fa la conoscenza di Leon, giovane sognatore di cui lei si innamora subito ma da cui è costretta suo malgrado a separarsi in breve tempo. Orfana di questo amore, Emma cercherà allora consolazione tra le braccia del brutale Rodolphe, salvo poi ricongiungersi ancora una volta con Leon.
Ma saltare da un amorazzo di poco conto all’altro, conduce Emma sull’orlo del disastro emotivo ed economico, dovendo suo malgrado fare i conti anche con degli usurai. Ad Emma, l’unica via d’uscita a questo punto sembrerà la morte per avvelenamento, scelta che sposerà anche il tiepido marito sopraffatto per la dipartita dell’esuberante sposa.
Il romanzo poi si conclude con il trionfo del personaggio più antipatico, il farmacista Hamais, che riceverà addirittura la Legion d’onore come onoreficienza.
Clamoroso scandalo ottocentesco, “Madame Bovary” è un romanzo femminile e femminista che ancora oggi non ha smesso di scavare nell’anima muliebre. (“Un calice amaro che si vorrebbe allontanare e che pure si beve avidamente con il gusto del sacrificio” per citare un commento di Massimo Colesanti)
L’Emma Bovary di Flaubert al pari e all’antitesi di tante eroine ottocentesche (pensiamo alla tormentata Fosca, alla virginale Lucia e alla “castrata” Gertrude manzoniane, alle contadine e alla “capinera” di Verga…) “prima di sposarsi aveva creduto di essere innamorata.
Ma la felicità che sarebbe dovuta nascere dall’amore non era venuta.
Si era dunque sbagliata, pensava.
E Emma cercava di sapere che cosa mai s’intendesse precisamente nella vita con le parole felicità, passione, ebbrezza che le erano sembrate così belle nei libri” La malattia di Emma è questa frattura tra ciò a cui lei anela (passione, passioni esotiche, anche senso del mistero, del vago) e ciò che la vita borghese, il piatto matrimonio con Charles, le riserva.
“Avrebbe voluto vivere in qualche vecchio maniero, come quelle castellane dal lungo corsetto che, sotto la rosa gotica delle ogive passavano le loro giornate…A guardare se dal fondo della campagna arrivasse un cavaliere con la piuma bianca al galoppo su un cavallo nero”
“quando sua madre morì…si fece fare un quadretto con i capelli della morta..si lasciò scivolare nei meandri lamartiniani, ascoltò le arpe sui laghi, tutti i canti dei cigni morenti, tutti i cader di foglie….”
Emma è quindi lacerata dal tedio borghese , si stordisce con balli, vestiti, e adulterii:
“la sua vita era fredda come una soffitta come il finestrino a settetrione, e la noia, ragno silenzioso, tesseva nell’ombra la tela in tutti gli angoli del suo cuore”
“aveva voglia di viaggiare, oppure di tornare in convento.
Voleva morire e, nello stesso tempo, andare a stare a Parigi…Al tramonto, sempre più triste, desiderava di essere già al giorno successivo…”
“Venne di nuovo primavera…….il suo cuore restò nuovamente vuoto e allora ricominciò la serie delle giornate tutte uguali….Questa miseria sarebbe durata per sempre?Non ne sarebbe mai uscita? Appoggiava la testa al muro per piangere.
Invidiava le esistenze tumultuose….Emma cominciò a bere aceto per dimagrire….perse completamente l’appetito”
Emma è quindi in preda a un senso nauseante per l’esistenza, ma è vittima della sua incapacità di trasportare i suoi aneliti, i suoi sogni, nella realtà piccolo-borghese.
Neppure altri amanti riescono a stordirla da se stessa…..
“Sperduta, tutta in lacrime, con un lungo fremito, il volto nascosto tra le mani, si abbandonò….quante illusioni!
Ora non ne aveva più nemmeno una…le aveva spese a ogni avventura dell’anima, nella verginità, nel matrimonio….perchè non farla finita? era sull’orlo estremo.. di dove veniva quella insufficienza della vita, quell’istantaneo imputridirsi delle cose alle quali si appoggiava?”
La morte di Emma -che si avvelena- riporta “la normalità” nel mondo borghese.
Con la morte di Emma, morta per il troppo desiderare, “la morale borghese” è salva….
Cito il bel commento di Mario Lunetta:
“Emma è un vampiro che si nutre nello stesso tempo del sangue altrui e del proprio. Morirà allla fine, del suo vampirismo, che non è capace di procurarle altro che appetiti e desideri sempre ulteriori e quindi un’infelicità sempre più vorticosa”.