titolo italiano: Karzan contro le donne dal seno nudo
Robert De Nesle e la sua Comptoir Français du Film Production, già attivo nel peplum (Ercole alla conquista di Atlantide, 1961 di Vittorio Cottafavi), torna a sfruttare il nome di Maciste fuori tempo massimo; offrendosi all’estro creativo di un Jesús Franco (Las vampiras / Vampyros lesbos, 1972) in completa vacanza.
E così, questa “cosa” informe prende vita quando due avventurieri, aiutati da un’Amazzone transfuga, partono a caccia di un tesoro nella giungla (che assomiglia parecchio a un orto botanico). Purtroppo per loro, la regina amazzone è di ben altro avviso: intende infatti rapire e usare i due maschioni per fecondare tutte le donne della tribù, salvo poi liberarsene uccidendoli. Maciste e il suo socio (in maniera apertamente incredibile) sfuggono dalla loro prigione, portandosi dietro la sacerdotessa locale; e recuperano il tesoro, del quale però nessuno sarà in grado di godere.
Donne nude e dialoghi a dir poco imbarazzanti per incoerenza si alternano nel trascinare una vicenda squinternata come poche, sprovvista di ritmo quanto di emozioni (al punto che, malgrado la durata assai limitata della copia in visione, si fa una certa fatica a mantenersi svegli sino alla ridicola conclusione). Il regista/sceneggiatore iberico pensa bene, inoltre, di legare il tutto con un amalgama di umorismo deplorevole quanto sciocco, rendendone ancor più ardua la visione.
È il solo lavoro di montaggio del futuro pornografo di fama Gérard Kikoïne (Buried Alive / Sepolti vivi, 1990) a dare un minimo di senso e di consequenzialità a una trama impossibile e palesemente improvvisata; alla quale non giova di certo l’idea di affidare il ruolo di protagonista a un interprete dai modesti mezzi fisici e dagli inesistenti mezzi espressivi come il tedesco Waldemar Wolfhart (non a caso interprete principale anche del tremendo El vampiro de la autopista / Le manie di Mr. Winninger omicida sessuale, 1970 di José Luis Madrid). Si può tranquillamente parlare di classica caduta dalla padella alla brace.
A tratti, il suo status di trash-movie tenta di emergere, ma rimane un pallido lucore nella tenebra dell’assoluta carenza di idee e del pressapochismo realizzativo, che le inesistenti possibilità economiche possono mantenere in funzione per brevissimi istanti.