Gli Other Voices sono riusciti ad imporsi all’attenzione europea, in particolar modo inglese. “A way Back“ è il loro nuovo cd, e abbiamo parlato con la band di tutti i retroscena, oltre che dell’esperienza accumulata in Inghilterra, facendo il punto della situazione su una band di matrice Dark Wave/Post Punk sempre in evoluzione.
1) Ciao! Benvenuti su Dark Italia! Iniziamo dalle presentazioni!
Ciao e Grazie! Noi siamo gli Other Voices. La nostra musica trova le sue radici nella Dark/wave inglese degli anni ‘70/80. Quando abbiamo esordito nel 1999, eravamo una cover band di gruppi come The Cure, Bauhaus, Joy division ed altri Gruppi della scena new wave. Nel 2005 abbiamo deciso di metterci in gioco, pubblicando il nostro primo Album per la INTT di Roma ed oggi siamo qui per parlare del nostro secondo Album in studio “A Way Back”. Il motivo che ci spinse a formare gli Other Voices in quel paesino di mille anime nel lontano 98/99 nasceva dalla necessità di 4 ragazzi di esorcizzare con la musica i propri disagi adolescenziali, trovando nella musica e nell’arte qualcosa che ci ha reso liberi in quel periodo e ci sta rendendo liberi adesso.
2) Other Voices è un monicker molto cureiano… Perché lo avete scelto?
Ci sono vari motivi: Indubbiamente il riferimento ai Cure non è casuale, dato che era il genere che avevamo deciso di suonare e, la canzone stessa è stata tra le prime a colpirci (ad affascinarci) del gruppo di Robert Smith, ma oltre questo, abbiamo fin da subito realizzato che proprio il nome “Altre Voci”, per noi e per ciò che facevamo calzava a pennello, sia perchè di gruppi che suonavano il genere in questione dalle nostre parti ce n’erano pochi (era il 1998 nella provincia di Reggio Calabria), sia perchè non c’era internet né tutte le informazioni che ci sono oggi!!! Abbiamo sempre avuto l’esigenza di fare in qualche modo qualcosa di diverso, di “Altro”.
3) Potete descriverci la vostra biografia, dagli inizi ad oggi? Siete in giro dal 2002… Come vi hanno arricchito tutti questi anni, dal punto di vista dell’esperienza musicale?
Sotto certi aspetti crediamo di poter affermare che il fatto stesso di aver messo su una band darkwave nel posto da cui veniamo e con un bagaglio tecnico/musicale praticamente nullo(agli inizi nessuno di noi 4 aveva mai suonato seriamente uno strumento, né tanto meno militato in una band) abbia un qualcosa di miracoloso!! Ne consegue ovviamente un percorso di crescita continuo, sia dal punto di vista musicale, personale e umano, specialmente riguardo la sensibilità artistica in generale
4) Per quanto riguarda “A Way back”, vedo che avete optato per una grafica scarna: un volto stilizzato, in nero, campeggia su uno sfondo completamente in bianco. Sono andata poi a visitare il vostro sito ufficiale, e ho visto che per “Anatomy of pain” (2005) avete usato la stessa immagine… con i colori invertiti! Come mai questa scelta estetica? Volevate forse sottolineare un legame concettuale tra questi vostri due cd? Ho notato che per i singoli avete preferito la foto della band.
Nel 2005 abbiamo pubblicato “Anatomy of a pain” (INTT) e di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Quando abbiamo composto Anatomy of a pain l’idea iniziale era quella di fare un doppio album, ma non siamo riusciti a gestire questa idea per vari motivi, forse è stato un bene perchè oggi siamo una band più e consapevole di ciò che stiamo facendo e riuscendo finalmente a chiudere quel cerchio e mettere le cose a posto. Da questo l’idea di mettere le stessa copertina ma a colori invertiti di Anatomy of a pain, proprio per sottolineare il forte legame tra i due album. Oggi con “A way Back“ abbiamo realizzato quell’idea musicale che abbiamo avuto in quel lontano 2005.
5) Per quanto riguarda lo stile musicale, direi che la vostra fonte primaria è la corrente Post Punk di matrice spesso liquida e malinconica. Vi rivedete in questa descrizione? Trovo molto pertinente che abbiate scritto: “A Way Back” è come uno scrigno perduto e poi ritrovato, dove se ti fermi per un attimo e ci guardi dentro si può trovare tutto ciò che gli Other Voices sono, sono stati e saranno. Le atmosfere Malinconiche e disperate, nostalgiche e avvolgenti, tessono trame che rimangono sospese tra luce e oscurità, dove il bianco sconfina nel nero e viceversa, in una spirale senza fine. Con ‘AWB’ chiudiamo un cerchio iniziato quasi dieci anni fa con “Anatomy of a Pain”». “Whitouth Any Sound” è una canzone ricca di pathos, “Hate me again” ha quel sound molto retrò, alla Mission, “A night lasting a year” è molto sostenuta, a tratti “pompata”. Com’è stata l’esperienza di Liverpool? Cosa vi ha permesso di imparare dal punto di vista musicale, di tecnica e del processo di composizione vero e proprio dell’album?
Certamente siamo una band di chiara matrice Post Punk, anche se cerchiamo sempre di non ripeterci, tentando di non essere scontati. Lavorare in inghilterra con gente importante dalla grossa esperienza ci ha arricchito musicalmente ed umanamente. “ A way Back” è sicuramente figlio dell’esperienza musicale che abbiamo aquisito negli ultimi anni, figlio della maturità artistica ed intellettuale che abbiamo raggiunto con anni di duro lavoro e di ricerca ma anche dell’equilibrio che siamo riusciti a creare tra di noi. Ormai è da circa 4 o 5 anni che lavoriamo in inghilterra, abbiamo iniziato con Beloved Child, EP uscito per la MyPassion Records in U.k. e registrato ad Highfield St. Studios di Liverpool dove hanno lavorato Professionisti della musica. Gente come Francesco mellina (ex manager dead or alive), Simon Denny, John Withnall (che vanta collaborazioni con i Coldplay), il vulcanico Yorkie e non dimenticando Pat O’Shaughnessy, hanno marchiato indelebilmente il nostro percorso di musicisti e lavorare con gente di questo livello non può far altro che accrescere la nostra esperienza musicale/compositiva aiutandoci a capire il concetto di fare musica.
6) Su cosa vertono le tematiche concettuali?
“Anatomy of a pain” è stato un disco che rispecchiava molto il nostro stato d’animo dell’epoca: nebbioso, sognante e volutamente onirico e ricco di metafore e simbolismi. “A way Back” è molto più diretto, i testi sono spesso autobiografici. Esso è quasi un ritorno alle nostre origini musicali però guardando il tutto in un ottica diversa, nè vecchia nè nuova. Un punto di vista, a Nostro avviso, più realistico e maturo.
7) Leggo che avete un curriculum di esperienze live di tutto rispetto… e parecchio invidiabile!
Come ogni band che rimane sulla scena per tanti anni (ad oggi sono circa 16 anni di O.V) in un modo o nell’altro qualcosa accade. Ovvio che senza l’impegno e la tenacia, gli obbiettivi sono difficili da raggiungere. Suonare spalla a gruppi come Buzzcocks o Wayne Hussey dei Mission, oppure lavorare all’estero con gente di livello mondiale è una bella cosa che sicuramente ti fortifica dal punto di vista mentale, dandoti la forza per non mollare e continuare a fare le cose come hai sempre fatto.
8) Avete all’attivo anche un video: “Let me try”; lo avete sempre girato all’estero? L’ho trovato screziato da una leggera impronta alla The Smiths, nelle vocals… Che ne pensate? In “A Way Back” il cantato è molto più cupo… poi sono andata a sentire anche “March of Larvae”, “But a chill runs along…”, “Garlic” e “Anatomy of a Pain” e lì l’impronta vocale ricorda molto quella presente nel nuovo full-lenght. I tempi però, sono molto più rallentati e nebbiosi… Potete fare un’elenco di differenze tra questi due album? Cosa hanno in comune e in cosa differenziano? Come valutate questa evoluzione del vostro sound?
“Let me try” è uno dei video ufficiali, insieme a “Beloved Child” e al recente “ A night lasting a year” che abbiamo scelto come singolo per precedere l’uscita di “A Way back”. Forse hai ragione per quanto riguarda il mood alla smiths, però vorremmo aggiungere che siccome all’epoca, la produzione britannica spingeva di più su pezzi che francamente non avremmo voluto proporre, ne consegue che non la ricordiamo con particolare entusiasmo. Con “A way back “ abbiamo ripreso un concetto lasciato in sospeso con “Anatomy of a pay “ due album che sono divisi da un arco di tempo lungo 10 anni circa. Ogni nuovo album rappresenta una sfida perchè ci si mette in gioco esponendo le proprie idee musicali, ovviamente per noi che pubblichiamo un Lp dopo tutti questi anni la sfida è doppia. Noi non volevamo deluderci e non volevamo deludere, volevamo un disco fortemente autobiografico che riuscissimo a sentire nostro, cosa che non abbiamo avvertito con l’ep beloved child (2011) ed il singolo “let me try” (2012). Questo disco è stato concepito senza influenze esterne è un disco che abbiamo sviluppato soprattutto per noi, per capire se quella genuinità compositiva che abbiamo avuto per Anatomy of a Pain fosse ancora presente, oppure era stata smarrita negli anni. Quando ascoltiamo “A Way Back” siamo tutti coscenti che questo è il nostro disco, nel vero senso della parola confermando anche ciò che siamo sempre stati. Quindi per il punto di vista della genuinità compositiva ed emotiva sono due album molto simili. La differenza vera è propria sta nella composizione ed il modo di concepire la canzone. Oggi molto probabilmente le cose riusciamo a vederle da varie angolazioni data l’esperienza musicale che abbiamo, e riusciamo a far prendere alla canzone la direzione che abbiamo in mente. Molto probabilmente “Anatomy of a pain” è stato un disco istintivo e purista su tanti versi, mentre “A Way back” è un disco più maturo su tutti i punti di vista.
9)Concludete a vostro piacimento la nostra intervista!
Vorremmo cogliere l’occasione per salutare tutti i lettori, invitandoli ai nostri concerti, e ringraziare Dark Italia dello spazio concessoci. Grazie per l’opportunità e la visibilità che ci date, concedendoci spazio tra le vostre pagine. Un saluto a tutti voi ed ai lettori di Dark Italia. Grazie ancora