CHI è HOWARD PHILIPS LOVECRAFT?
Nato e vissuto in America, agli inizi del novecento, nella città di Providence, H.P. Lovecraft fu un critico letterario e soprattutto uno scrittore. È famoso soprattutto per le sue storie brevi che furono pubblicate su “giornalacci” pulp come il, molto noto, Weird Tales. Le sue influenze vanno cercate sicuramente nei racconti e nelle poesie di Edgar Allan Poe (precursore della letteratura horror) ma anche nelle favole dei fratelli Grimm. Fonte d’ispirazione fu per lui anche l’astrologia, cui lo istruì la nonna. Alcuni dei suoi racconti e romanzi più celebri sono: Dagon, Il richiamo di Cthulhu, Il modello di Pickman, Le montagne della follia. I personaggi da lui inventati possono essere letti come sottili metafore delle avversità della vita, Cthulhu potrebbe rappresentare la morte o la follia che calamitano l’uomo verso di loro, Nyarlathotep sarebbe interpretabile come la pericolosità delle coalizioni umane, mentre Hastur come una sorta di medium, un tramite tra il mortale e l’immortale. Tra un racconto e l’altro si possono trovare dei collegamenti, come a comporre un codice che il lettore deve decifrare. Ad H.P. Lovecraft vennero attribuite persino capacità profetiche, paragonabili a quelle di George Orwell. Leggenda vuole di una lettera inviatagli da un suo ammiratore che si complimentava per l’ottima descrizione di Parigi presente in suo testo e gli domandava quando ci fosse stato. La risposta di Lovecraft fu “ci sono stato in sogno, assieme ad Edgar Allan Poe”.
Lovecraft fu uno smodato xenofobo, se fosse vissuto nell’Italia dei giorni nostri, sicuramente avrebbe votato per la Lega Nord. Quando Howard era ancora un bambino, vide suo padre esser ricoverato in un ospedale psichiatrico. Lui stesso soffrì di attacchi isterici nel corso della sua vita che finì dove era iniziata, alla precoce età di quarantasette anni.
La principale caratteristica della sua narrativa è la ricorrente assenza di un inizio e di un finale. Come una linea retta tracciata a tutto foglio, la trama parte sempre qualche minuto dopo e si conclude un minuto prima. Stesso discorso vale per le psicologie dei personaggi. Però badate bene che non intendo accusare di linearità lo stile letterario di Lovecraft che, spesso, adoperava degli espedienti come i Flashback per conferire maggiore spessore alle sue trame. Il punto è che spesso ci viene sottratto un colpo di scena finale, l’inizio di un racconto può essere proiettato all’immaginazione del lettore e non descritto per filo e per segno come sarebbe stato leggendo B. Stoker e R. L. Stevenson. Leggendo Lovecraft incapperemo in mostri indescrivibili che il protagonista insegue, ma non riesce a raggiungere, conosceremo le gesta di chi cerca se stesso, ma non troverà tutto ciò che è stato. Tutte queste e altre situazioni analoghe ci attendono nella letteratura Lovecraftiana. Forse proprio a questa tecnica narrativa dobbiamo quella sensazione di smarrimento che ha reso unica e inimitabile quella che oggi chiamiamo “atmosfera Lovecraftiana”.
Celebri scrittori come Stephen King e Clive Barker si sono spesso ispirati a Lovecraft, però questa guida tratterà solo le ispirazioni cinematografiche e non quelle presenti nella letteratura più recente. Sebbene tantissimi registi si vantino d’essere fans di H.P. Lovecraft, le trasposizioni “ufficiali” dalla sua bibliografia non sono poi tantissime, quindi potete considerare la lista che segue, abbastanza completa.
LA CITTA’ DEI MOSTRI. ’63.
Roger Corman, celebre per le sue trasposizioni cinematografiche da Egar Allan Poe, probabilmente non sapeva più dove sbattere la testa, insomma da dove trarre ispirazione per le sue pellicole. Così nasce questa produzione cui è stato affibbiato il titolo, in lingua originale, The Haunted Palace, omonimo di un testo di Poe. Eppure questa pellicola è dichiaratamente tratta da Il Caso Di Charles Dexter Ward (H.P. Lovecraft). Questa scelta dei produttori trova ragione nel fatto che il nome Poe era, ai tempi, molto più noto rispetto a quello di Lovecraft. Corman butta casualmente nel calderone qualche citazione dal bestiario Lovecraftiano ma purtroppo non centra il bersaglio sino in fondo, la sensazione generale non è male ma forse il tocco è più adatto per trasporre Il cuore rivelatore, piuttosto che a un racconto fantastico.
LA MORTE DALL’OCCHIO DI CRISTALLO di Daniel Heller. ’65.
Questo film non dovrebbe stare in questa lista ma è ufficialmente riconosciuto come una trasposizione de Il Colore Venuto Dallo Spazio. È davvero difficile trovarci qualche elemento in comune col romanzo. L’unico scopo di Heller è chiaramente quello di replicare il successo ottenuto da La Città Dei Mostri, rifacendosi a Corman anche dal punto di vista stilistico. Una volta tante dobbiamo ringraziare il distributore italiano che ci ha risparmiato un titolo ridicolo e inappropriato come Die, monster, die. Bisogna attendere l’ultima mezzora per provare qualche emozione che lo rende meritevole almeno di una visione. Verso la fine c’è pure un Jump Scare, uno dei primi veramente riusciti nella storia del cinema.
BLACK HORROR – LE MESSE NERE di Vernon Sewell. 1968.
Ci troviamo in piena rivoluzione sessuale e ciò che caratterizza maggiormente questo banale horror è proprio la spinta sul pedale dell’erotismo. Non aspettatevi però un’orgia sadomaso esplicita, sullo stile de La Croce Dalle Sette Pietre. Comunque per l’epoca vedere delle belle donnine in lingerie che s’innaffiano i seni di champagne, doveva essere uno spettacolo alquanto emozionante. Soffocato sotto i mille stilemi/limiti del cinema d’allora, sotto e ancora più sotto, possiamo trovare qualche briciola di Lovecraft e del suo “modus operandi”.
LE VERGINI DI DUNWICH. Siamo negli anni ’70 ed Heller torna alla ribalta con uno stile meno Cormaniano e più al passo coi tempi. Purtroppo la trama stregonesca scritta da Lovecraft è adoperata come pretesto e ci viene propinata pure un’orgia di Hippies nel pastone.
Con L’ISOLA DEGLI UOMINI PESCE di Sergio Martino, il 1979 segna una doppietta non indifferente per l’horror d’avventura italiano, assieme a Zombi 2 (Lucio Fulci). Rispetto a Fulci il tocco di Martino è più tecnico e quadrato ma purtroppo, anche più insipido e datato. Questo film resta un ottimo connubio tra Lovecraft (La maschera di Innsmouth) Jack Arnold (Il Mostro della Laguna Nera) e H.G. Wells (L’Isola Del dr. Moureau).
RE-ANIMATOR di Stuart Gordon e Brian Yuzna. ’85.
Sebbene il titolo di questo bellissimo horror ci riconduca automaticamente a Herbert West – Reanimator, i nessi non sono poi tantissimi. Si tratta di uno Zombie-Movie, maggiormente riconducibile a Romero che a Lovecraft. Di questo film esistono diversi sequel, ancor meno lovecraftiani del primo capitolo.
FROM BEYOND. ’86.
Gordon e Yuzna tornano a cimentarsi col loro principale riferimento letterario. Il racconto Da Altrove è adoperato più che altro come spunto, per sviluppare una trama horror in linea con gli anni ottanta. Purtroppo l’ironia mal si sposa con le atmosfere Lovecraftiana e gli autori ne fanno largo uso. Il film è un ottimo splatterone ma non ha un briciolo del gusto Mistery, che lasciava in bocca il testo originale.
LA FATTORIA MALEDETTA. Regia David Keith. ’87.
Tratto da Il Colore Venuto Dallo Spazio, gli è abbastanza fedele ma l’atmosfera rispecchia troppo quella dell’horror americano di quegli anni per essere “Lovecraftiana”. Di questo racconto esiste anche un’altra trasposizione: The Colour From The Dark, per la regia dell’italiano Ivan Zuccon. 2008.
LA CREATURA, del ’88, regia di Jean Paul Ouellette. È un normalissimo film dell’orrore con tutti gli stereotipi al loro posto. Case abbandonate, cimiteri, mostri fatti di lattice, tette, musica macabra e giovani imbecilli che si mettono nei guai. Un film davvero molto divertente ma che non ha nulla della storiella L’Innominabile, da cui millanta di essere tratto. Forse maggiormente debitore nei confronti di Sam Raimi (La casa) che a Lovecraft. Ne esiste un seguito, del ’93.
DARK HERITAGE. ’89. Di David McCormick.
Dovrebbe essere tratto da La Paura in Agguato ma anche in questo caso è difficile trovare dei nessi veri e propri. A differenza degli altri horror anni ’80 qua non vi è quasi traccia di umorismo, le musiche e l’atmosfera fanno pensare al primo Carpenter. Un budget più elevato avrebbe giovato al tutto. Comunque non siamo di fronte a una brutta rappresentazione dell’immaginario lovecraftiano, anzi spicca di un pelo rispetto alla massa. Purtroppo non mi risulta sia mai stato doppiato in lingua italiana.
Sebbene Dan O’Bannon si sia ispirato a Herbert West Reanimator per il suo THE RESURRECTED, non siamo assolutamente di fronte a un remake di Re-Animator, la vicenda narrata è completamente differente e si concentra su un singolo individuo che risorge. Purtroppo questo filmetto del ’91 non è più fedele al racconto di Lovecraft di quanto non lo fosse il cult di Gordon & Yuzna, anzi siamo di fronte a un mezzo buco nella carriera di O’Bannon. La narrazione scorre lentina e poco interessante, il budget ridotto non aiuta. La perseveranza nel completare la visione ci premierà, regalandoci un’ultima mezz’ora degna, con un mostro molto ben realizzato.
THE LURKING FEAR di C.Courtney Joyner.
Il film porta lo stesso titolo di un racconto di H.P. Lovecraft (Titolo italiano – La Paura in Agguato). Devo ammettere di aver visionato questa pellicola con un po’ di distrazione. Comunque, per tutta la durata, non ho fatto altro che domandarmi cosa c’entrasse col genio di Providence questa mediocre e banale “tramucola”.
NECRONOMICON. ’93. Diretto da Christopher Gans, Shusuke Kaneko e Brian Yuzna.
Suddiviso in tre episodi, tratti da altrettanti racconti di Lovecraft: Aria Fredda, I Ratti Nei Muri e Colui Che Sussurrava Nelle Tenebre. Yuzna alla produzione garantisce un ottimo livello fotografico e di messa in scena, purtroppo anche i difetti sono, in concreto, gli stessi di From Beyond. Gli attori gigioneggiano troppo e Jeffrey Combs non convince molto nell’interpretare H.P.Lovecraft, ma la colpa è anche della sceneggiatura che ne semplifica troppo la figura.
CASTLE FREAK. Gordon&Yuzna.
Completamente ambientato in Italia, non sarebbe neanche un cattivo prodotto. Purtroppo è tratto da L’estraneo, una delle più belle e spaventose tra le opere di Lovecraft, francamente vederla ridotta a uno Slasher anni ‘80/90 ci mette addosso anche un po’ di tristezza.
HEMOGLOBIN di Peter Svatek. ’97.
Anche questo script si rifà a La paura in agguato. Purtroppo Svatek punta molto su splatter e particolari disgustosi, dimenticando che spesso, nei libri di Lovecraft il sottinteso era molto più spaventoso e magnetico rispetto alla narrazione vera e propria.
OUT OF MIND: STORIES OF H.P. LOVECRAFT è una sorta de I Racconti Dello Zio Tibia basato sulle storie di Lovecraft, con il suo stesso personaggio a far da narratore. Siamo di fronte a un prodotto televisivo del ’98, che non brilla sotto nessun punto di vista.
COOL AIR. ’99. Di Bryan Moore.
La trama del racconto omonimo, viene dilata per un’ora e mezza insostenibile tra attori impacciati e fotografia da telenovela. Non si sentiva il bisogno di un’operazione di questo tipo.
Siamo appena entrati nel terzo millennio. ROUGH MAGIK è un prodotto di stampo televisivo che potreste decidere di visionare giusto per spirito di completezza ma vi avviso, il livello è lo stesso di un qualsiasi episodio de L’Ispettore Derrik. La seconda parte si rende abbastanza interessante a livello di sotto testi.
Nel 2001 Stuart Gordon torna alla ribalta con DAGON. Il raccontino omonimo non dovrebbe aver bisogno di presentazioni, eppure quest’opera cinematografica trae la sua principale ispirazione da un altro romanzo di Lovecraft: La Maschera di Innsmouth. Probabilmente quest’inversione di titolo è dovuta al fatto che “The Shadow Over Innsmouth” sarà stato ritenuto troppo lungo. Alle prime battute sale forte in noi la sensazione d’essere incappati per errore in un horror adolescenziale, completamente estraneo a Lovecraft. Fortunatamente, il livello artistico cresce di minuto in minuto assieme alla tensione, resta comunque molto limitante rispetto alla poetica del nostro autore preferito. Da parte di Stuart Gordon era lecito aspettarsi di meglio.
LA CASA SFUGGITA. 2003.
Come sempre Ivan Zuccon si dimostra capace, con l’ausilio di scarsissimi mezzi, di mettere su un progetto filmico di tutto rispetto. Piuttosto che Lovecraft, la costruzione del mistero e la caratterizzazione dei personaggi mi hanno riportato alla mente il Pupi Avati periodo: La Casa Dalle Finestre Che Ridono, L’Arcano Incantatore.
CALL OF CTHULHU.
Si parte dall’idea folle di realizzare, nel 2005, un film completamente muto e in bianco e nero, perfettamente in linea col movimento espressionista degli anni ’20 (Murnau, Wiene etc.). Purtroppo io dubito fortemente che Lovecraft fosse questo grandissimo amante della sala cinematografica, lo vedo più un topo di biblioteca, quindi la pretesa di filmare un medio metraggio su Cthulhu, esattamente come lo avrebbe immaginato lui è assolutamente pretenziosa poiché la sua immaginazione non era, nel modo più categorico, indottrinata o subordinata dalla pellicola come lo è invece quella di quasi tutti gli scrittori moderni. È sufficiente prendere in mano qualsiasi cosa Lovecraft abbia scritto, inclusa probabilmente la sua lista della spesa, per capire che non vi era nessun nesso col cinema. Il film di Andrew Leman resta comunque un’ottima operazione di stile, omaggio all’espressionismo tedesco. Bellissime musiche anche.
CTHULHU. 2007. Regia di Daniel Gildark.
La speranza è sempre l’ultima a morire e i veri appassionati dell’horror attendono con grande trepidazione qualsiasi cosa sia a Lovecraft riconducibile. Purtroppo non si sentiva alcuna necessità di un progetto di questo tipo. Messa in scena povera, atmosfera troppo moderna, nel complessivo è mediocre e di taglio soapoperistico. Davvero soporifero.
LA HERENCIA VALDEMAR. ’10. Di José Luis Alemàn.
C’è poco da fare, al momento gli spagnoli hanno una marcia in più per l’horror e per il cinema in generale. Ne è la conferma questo film in costume. Qualche difetto c’è, la prima parte è un pelo troppo melodrammatica per essere una trasposizione da Lovecraft, ci si conserva un po’ troppo per l’ultima mezzora in cui la fotografia e gli effetti speciali danno il meglio del meglio. Per tutta la durata della pellicola avevo la forte impressione che ci fosse di mezzo Guillermo Del Toro, eppure non risulta accreditato né alla regia, né come produttore. Esiste pure un seguito, ma ancor più di questo da, in più punti, l’idea di un prodotto parecchio indipendente nonostante gli effetti digitali bene riusciti.
THE WHISPERER OF DARKNESS. ’11.
Questo lavoro indipendente di Sean Branney percorre una strada simile a quella intrapresa da Call of Cthulhu del 2005. Invece di ispirarsi all’espressionismo tedesco, ci si rifà al cinema degli anni ’50; ma se non altro, in quel caso, la scelta stilistica trovava senso nel fatto effettivo che Lovecraft ha vissuto il periodo d’oro del cinematografo anni ‘20/’30. Non ritroviamo neppure l’attenzione per i dettagli che Andrew Leman aveva riservato al suo mediometraggio. Ci troviamo comunque di fronte a un buon prodotto indie che, in barba al budget ridotto, afferra certe atmosfere molto bene, rispetto a molte trasposizioni più ricche.
CALL GIRL OF CTHULHU. 2014. Regia Chris LaMartina.
Interpretazione semi-parodistica del mito di Cthulhu, in stile Tarantiniano-Grindhouse. In cui si riprende ed estremizza ciò che Mitchell Lichtenstein iniziò nel 2007 col Trash volontario Denti. In Call Girl of Cthulhu possiamo notare lo stesso tentativo di abbattere alcuni taboo cinematografici legati al sesso (nel cinema occidentale). LaMartina fa di tutto per togliere ogni carica erotica al sesso e alle scene di nudo, mescolando questi elementi col “mostruoso” e “l’abominevole” tanto da porgerci in fine, qualcosa di maggiormente simile a Clive Barker e al primo Peter Jackson, che a Lovecraft.
Inoltre ci sono dei film che affrontano Lovecraft in maniera indiretta, non si possono considerare neppure lontanamente delle “trasposizioni”.
L’italianissimo ROAD TO L. è un film pregevole, che tratta l’ipotesi di un viaggio d’approfondimento fatto da Lovecraft in Italia. Per la regia di Federico Greco e Roberto Leggio. 2005.
IL SEME DELLA FOLLIA di John Carpenter. ‘94.
Capolavoro indiscusso del cinema. Però anche in questo caso la sensazione di paura che si ha è ben distante da quella che si avrebbe leggendo un qualsiasi racconto di H.P. Lovecraft. Il tocco di Carpenter è moderno, pulp, elettrico e sottilmente ironico.
QUELLA VILLA ACCANTO AL CIMITERO di Lucio Fulci. ’81. Adopero questo film come esempio, siccome i film di Fulci che si avvicinano all’universo di Cthulu&co sono parecchi: La Casa Nel Tempo, La Dolce Casa Degli Orrori, L’Aldilà e tu Vivrai Nel Terrore, Paura Nella Città Dei Morti Viventi, Manahttan Baby, etc. Nessuno di questi film può dirsi una trasposizione da Lovecraft. Il regista italiano prende giusto qualche elemento qua e la, le citazioni son ridotte al minimo sindacale per non dover pagare i diritti d’autore, all’epoca ancora attivi. Ovviamente nemmeno Quella villa accanto al cimitero è una traduzione cinematografica dell’opera di Lovecraft. Giova precisare che per Fulci non v’è mai un singolo riferimento, qua si spazia tra Sigmund Freud, Henry James, Antonin Artaud e l’immancabile Edgar Allan Poe. Resta che, quest’opera ci lascia sensazioni molto simili a quelle che avremmo provato leggendo La Casa Stregata o L’Orrore di Dunwich. Il risultato è molto più efficace di tante trasposizioni “dichiarate”.
ALLUCINAZIONE PERVERSA. ’90. Adrien Lyne.
Non è tratto da nessun’opera letteraria di Lovecraft, ma l’ispirazione si sente comunque piuttosto forte per via della caratterizzazione crepuscolare delle creature mostruose, ma soprattutto, per la prima volta è preso di petto quel concetto di reale/non reale, sanità o follia che Lovecraft introdusse adoperò spesso nella sua narrativa, sebbene l’argomento fosse già stato trattato da Charlotte Perkins Gilman nel libro: La Tappezzeria Gialla. Lyne ha realizzato un ottimo film. Non è riuscito a cogliere sino in fondo l’atmosfera Lovecraftiana, solo perché troppo impegnato a trovare il proprio stile.
CUSTODES BESTIAE. 2006.
Lorenzo Bianchini, con un budget ridicolo, si dimostra capace di sperimentare anche a livello d’inquadrature sempre allo scopo di costruire una tensione palpabile che accompagna lo spettatore per tutta la visione. Naturalmente non vengono ignorati neppure i classici del genere italiano anzi troviamo preti autolesionisti, antichi affreschi in restauro, un protagonista ossessionato che vuole arrivare in fondo. Tutte situazioni tipiche del cinema di Pupi Avati, Lucio Fulci, Antonio Bido e ovviamente pure di Dario Argento. Nella seconda parte poi, ci si avvicina molto a La Maschera di Innsmouth, tra ritrovamenti inquietanti e sette segrete che cospirano attorno alla provincia in cui si svolge la vicenda.
Nella trilogia de LA CASA, Sam Raimi omaggia Lovecraft usando il libro Necronomicon come punto cardine dei suoi soggetti. Purtroppo, a parte questa citazione, si può trovare solo qualche piccolo nesso col racconto L’innominabile. Il primo episodio però risalente al ’81, ed è riconducibile a Lovecraft sia a livello di atmosfera sia per alcune scelte narrative.
HOWARD LOVECRAFT AND THE FROZEN KINGDOM (2016) è un film d’animazione sperimentale inedito in Italia. Lovecraft è rappresentato in prima persona, ma come un bimbo che si ritrova faccia a faccia con i miti di Cthulhu, Dagon etc. resi per l’occasione meno spaventosi e più paciocconi ci lasciano addosso un effetto alquanto weird ma proprio per questo siamo di fronte a un’opera interessante e attraente.
THE SUTTERED ROOMS di David Greene.
Questo film è tratto dal libro La Porta Sbarrata. Su questo libro pesa un alone di mistero. Di fatto sarebbe accreditato allo scrittore August Derleth ma si vocifera che abbia partecipato alla stesura pure il nostro beniamino H.P.L. Purtroppo non sono un grande conoscitore di Derleth e mi è difficile misurare il peso del suo stile, nell’eventualità di un’avvenuta collaborazione. Comunque si tratta di un romanzo molto ben scritto … Lovecraft … forse! La trasposizione cinematografica ha un aspetto abbastanza moderno pur risalendo all’ormai lontano 1967. Un pelo datata può apparire la recitazione. Da vedere per completezza.
Paragonabili a quelle vissute da Terry Gilliam per il suo Don Chisciotte, continuano le peripezie per Guillermo Del Toro che cerca finanziamenti per la produzione di Alle montagne della follia. Ne verrebbe fuori il film dell’orrore definitivo? La massima espressione di Lovecraft su celluloide? Personalmente serbo delle perplessità. Del Toro è un grande regista ma non è mai riuscito a farmi paura, non c’è riuscito né con Mimic, né col suo capolavoro Il Labirinto del Fauno, nemmeno col suo pezzo più horror La Spina del Diavolo. Con la saga di Hellboy non ci avrà neppure provato. Non mi ha inquietato particolarmente neppure la pilot-demo di Silent Hill 8 che ha realizzato assieme a Hideo Kojima. Prima ancora che, essere dei libri belli e ben scritti, quelli di Lovecraft sono davvero capaci di togliere il sonno, quindi mi chiedo se de Del Toro sia l’uomo adatto per trasporre sul grande schermo Alle Montagne Della Follia, sicuramente il risultato sarebbe altissimo dal punto di vista artistico ma anche in questo caso, dubito fortemente che riuscirebbe a spaventarmi.