L’etichetta Fonoarte mette a segno un recupero fondamentale per capire l’importanza che nel panorama musicale italiano indie, hanno avuto certe realtà avanguardistiche che possono e devono essere considerate “arte” a 360°.
Nello specifico mi sto riferendo al collettivo nato a Bergamo nel 1983, noto come Officine Schwartz, il cui lavoro più dirompente, per l’epoca nel quale venne calato, e sicuramente importante, è qui riproposto rimasterizzato in tutto il suo splendore: “Colonna Sonora di Remanium Dentaurum Cr Co Mo”.
Il lavoro di recupero svolto è encomiabile ed altamente celebrativo, basti pensare che oltre all’album originale, al quale si aggiunge una copiosa selezione live, viene proposto anche un dvd contenente il lungometraggio “Da Qui Alla Ruggine”, diretto da Osvaldo Arioldi, deus ex machina del progetto Officine Schwartz , e il videoclip “Fräulein 2016”. “Da Qui Alla Ruggine” naturalmente non è passato indifferente alle schiere dei sostenitori fedelissimi del gruppo che già nel 2015 avevano potuto apprezzarlo durante le proiezioni nei cinema alternativi per celebrare i trent’anni di storia della band. Ed è proprio questa ricca parte video il valore aggiunto del recupero dell’opera perché permette anche a chi non ha potuto apprezzare negli anni ’80 la forza d’urto dirompente di questo collettivo, di assaporare visivamente i modi di rappresentare il concetto di arte avanguardistica insito nel collettivo stesso. Assemble che a seconda delle esigenze poteva variare dal singolo ai 30 elementi. Rimangono indubbiamente impresse nella memoria le immagini delle Officine che rivisitano la canzone popolare italiana, in una vera e propria “processione Industriale” sul litorale romagnolo. Perché “Officine Schwartz” sono incarnazione di un vero e proprio “teatro di strada” nato per infondere negli spettatori energia in una miscela di rumore, rudezza, melodia, sentimento e canto popolare dove gli strumenti tradizionali ed elettronici sono accompagnati da una strumentazione auto-costruita attraverso il recupero di materiali industriali quali bidoni di petrolio, tubi, molle, telai di biciclette, catene e attrezzi da lavoro.
L’”industria” elemento centrale nell’opera delle Officine, scomodo attore per il quale si può provare sia amore che odio, in un binomio di tensione letale nel mezzo del quale si trova l’”uomo-operaio” soggetto che deve essere preservato e non corrotto dall’avanzamento, apparentemente vantaggioso e per questo “amato”, della modernità.
La parte musicale dell’album, costituisce indubbiamente un tassello fondamentale della musica industriale italiana. E se il post-punk elettronico e memorabile di “Fräulein”, con il suo andamento lento impreziosito dal contrappunto di pianoforte, si gioca il premio di “canzone più immediata” con la splendida “Rambo” dove l’ottima parte di percussioni si snoda su un ritmo dance dettato da basso e synth, è nelle tracce a seguire che lo spirito delle Officine esce prepotentemente, dettando le coordinate del progetto. Dallo spoken di “Dalmine/Fame”, passando per canti popolari quali “Inno dei Lavoratori e delle Officine” e “Ciao Bella” (rifacimento di Bella Ciao), le suggestioni industriali si sposano a meraviglia con l’orchestra di paese in un crescendo che ha per summa il mantra ripetuto in “I-Manai” dove la parte industriale prende il sopravvento e le Officine utilizzano molle, ferro, effetti elettronici e la lingua in dialetto, per creare uno dei pezzi più belli del lotto.
Per tutti gli amanti del genere “industrial” ma soprattutto lavoro consigliato a tutti gli amanti della musica “oscura”.