In pochi avrebbero scommesso sulla riuscita del primo album dei New Order senza Peter Hook. Oggi che Music Complete sta rapidamente scalando le classifiche, mettendo quasi pienamente d’accordo critica e fan, quei pochi che ci avevano visto lungo possono sorridere sornioni, perché l’ultimo disco della band di Manchester è un capitolo destinato ad essere ricordato.
Mettiamo le cose in chiaro: nessuno qui sta cercando di sottrarre al buon vecchio “Hooky” la corona d’alloro che gli spetta di diritto per aver contribuito a rendere riconoscibile un suono che ha fatto scuola, ma è un dato di fatto che i New Order se la stiano cavando egregiamente senza il suo aiuto.
Con l’ausilio dei già ampiamente rodati Tom Chapman e Phil Cunningham – braccia rubate all’interessante e un po’ sfortunato progetto dei Bad Lieutenant – Bernard Sumner, Stephen Morris e Gillian Gilbert avevano già convinto con la serie di concerti in giro per il mondo affrontata negli ultimi anni e con Music Complete non fanno altro che affermare uno stato di grazia assolutamente invidiabile.
Non solo: Music Complete è anche e soprattutto una lezione di stile, un personalissimo modo per i New Order di riappropriarsi dello scettro che per anni hanno detenuto in quanto maestri di un certo tipo di elettronica. È indubbio che Tom Rowlands (The Chemical Brothers) sia stato decisivo per dare una sferzata di modernità a un sound che rischiava da tempo di risultare fin troppo classico e caratteristico, ma se consideriamo che il suo Mida’s touch, in questo album, riguardi solo una manciata di brani, possiamo affermare senza rischiare di sembrare esageratamente lusinghieri che i nostri fuoriclasse mancuniani siano tornati a distinguersi con i propri mezzi. Intendiamoci: Music Complete è pur sempre la naturale evoluzione delle precedenti produzioni, ma con un quid unico che la rende estremamente eterogenea. Il risultato è un pop raffinatissimo, bizzarro al punto giusto, in cui è riconoscibile il meglio delle atmosfere di Get Ready e Waiting for the Sirens’ Call. I richiami dei due album in questione riecheggiano già nei singoli, Restless e Plastic, e di certo rassicurano coloro che al tempo si innamorarono, e a ragione, di perle come Crystal e 60 Miles an Hour. Tuttavia, la parte più intrigante di Music Complete risiede in un arcobaleno di suoni sintetici sempre diversi, quasi quanto profetizza l’artwork à la Piet Mondrian di Peter Saville, cangiante a seconda del formato.
Ogni brano sembra scollegato dall’altro, eppure risulta chiaro fin da subito quanto questa scelta stilistica sia l’autentico punto di forza del full-lenght. Si passa dagli anthem dance più sostenuti, come la già citata Plastic o People on the High Line, a episodi vieppiù cupi e profondi quali Nothing But a Fool (che tanto deliziosamente richiama i fasti di Movement e Power, Corruption & Lies) e Singularity, un vero e proprio inno a suon di sequencer sulla decadenza moderna (“We’re players on a stage / With roles already scripted / We’re working for a wage / We’re living for today / On a giant piece of dirt / Spinning in the universe”). Un continuo andirivieni, dunque, tra pulsazioni ossessive da Haçienda e momenti pop più radiofonici, dove i synth restano costantemente in primo piano e la chitarra di Sumner, col suo taglio inconfondibile, fa da controcanto bilanciato a ogni melodia.
Scritture particolarmente alte si palesano in brani come Academic e la bellissima Unlearn This Hatred, dove la semplicità delle soluzioni chitarristiche e la ridondanza alchemica di un’elettronica bilanciatissima suggellano l’innata capacità di confezionare musica ad ampio spettro, che ammicchi a diverse categorie di fruitori.
Lo stesso discorso vale per le collaborazioni: ponderate e per niente banali, contribuiscono a rendere Music Complete ancora più variopinto. Se Iggy Pop, al di là del revival The Stooges, sta assecondando da tempo la sua vena da chansonnier, ecco che Stray Dog, l’inusuale duetto tra i New Order e James Newell Osterberg Jr., ci catapulta alle atmosfere di Avenue B (I Felt the Luxury su tutte) e di Préliminaires. In Superheated, d’altro canto, Brandon Flowers dei Killers (i quali, non a caso, hanno rubato il nome alla band fittizia che appare nel video di Crystal) trasmette tutto il suo agio in un brano che sembra pescato direttamente dal suo recente – e gradevole – tributo al synthpop anni ’80, The Desired Effect.
Perdonando persino le velleità kitsch di Tutti Frutti, possiamo considerare a pieno titolo Music Complete come l’album più interessante del periodo post-Republic, con buona pace di Peter Hook e del suo infinito spettacolo di revival di un glorioso, ingombrante e, diciamolo, ormai stantio, passato. I New Order sono tornati con un dance-rock tutto nuovo che è stato capace di riaccendere un sano interesse in uno dei più importanti gruppi post-punk inglesi, tanto da chiedersi se c’era davvero bisogno di colmare i periodi morti con compilation trite e ritrite e outtake alquanto discutibili. Ad maiora!