Sembra proprio che nel 2017 per ascoltare del robusto e sano gothic rock, sia obbligatoriamente necessario passare per Melbourne e nello specifico cercare i Subterfuge.
La band australiana infatti fondata nei primi anni ’90 da Clifford Ennis (chitarrista anche degli Ikon), Rick Mullen e Brendan Toull (anche se quest’ultimo non più parte del progetto), si è sempre contraddistinta per un’impostazione del suono molto legata al decennio d’oro del movimento gothic.
Anche se non generoso dal punto di vista discografico – basti pensare che molto materiale è stato pubblicato in una raccolta “Reflect” del 2013 – il progetto musicale in questione è stato sempre un nome ben fisso nella mente degli amanti del genere.
La differenza tra quanto fanno i Subterfuge e la gran parte delle altre band che cercano di specchiarsi nel passato glorioso di Sisters of Mercy e The Mission, giusto per fare due nomi, è metterci l’anima. Le nove canzoni che compongono Blind to Reason infatti non danno minimamente la sensazione del “già sentito”, spiccando invece per una cura del dettaglio fuori dal comune.
Ogni brano infatti è la pura manifestazione del più classico gothic rock che si possa desiderare, dove a farla da padrone sono la chitarra, il basso pulsante e una base elettronico/tastieristica che conferisce all’opera nel suo insieme una magnetica aurea malinconica da togliere il fiato.
L’opener “This Long Hour” è un chiaro esempio del concetto appena riportato, con il suo andamento struggente ed energico che ricorda da vicino gli 80’s.
La successiva “Unhinged” si fa apprezzare per il chitarrismo a la The Mission, in grado di donare al brano un ritmo incalzante e molto accattivante, capace di depositarsi in loop nella memoria dell’ascoltatore. Stessa sorte tocca alla malinconica e stupenda “Bitter End” che costituisce un vero e proprio saggio di puro gothic vecchio stile.
Ma le vere sorprese si palesano in tutto il loro splendore quando i tempi vengono leggermente dilatati per dare spazio anche ad inserti più acustici, momenti nei quali anche la voce oscura di Ennis risalta in tutto il suo magnetismo. Mi riferisco alla traccia n. 4 “Blind Reason” dove l’intreccio tra chitarra e basso pulsante è a dir poco ipnotico, e alla grande sensibilità messa in mostra dal brano di chiusura “Guilty by Association”, in grado di cullare l’ascoltatore verso lande malinconiche di immensa bellezza.
Siamo di fronte ad uno degli album più belli ed interessanti del 2017 che vi consiglio caldamente di non farvi scappare.