Tommy Wirkola riprende – con un’evidente maggiorazione di capitali – il suo discorso sugli zombi nazisti esattamente dove si era interrotto nel primo Død snø, 2009. L’obbiettivo, in questo gustosissimo sequel, è la vendetta da parte del comandante Herzog sul villaggio di Talvik; ovvero, portare a termine la missione che gli era stata affidata nel 1944, interrotta invece da un attacco a sorpresa di un gruppo di militari russi che era riuscito a massacrare tutti i suoi uomini. Mentre la polizia, gidata da un capitano tanto magniloquente quanto incapace, dà la caccia a Martin – miracolosamente scampato nel precedente capitolo – ritenendolo un “serial killer” completamente folle e sanguinario, questi riesce a mettersi in contatto con un trio di giovani americani, specializzati nella lotta i morti viventi, convincendoli a venire in suo soccorso. La situazione si complica quando, dopo una visita a un museo della Seconda Guerra Mondiale, i tedeschi rubano un carro armato e Herzog, grazie ai suoi straordinari poteri negromantici, allarga enormemente le file del suo esercito con tutte le vittime della sua inarrestabile rappresaglia. Quando Martin – al quale è stato trapiantato il braccio dell’ufficiale delle SS – scopre di godere dello stesso soprannaturale potere, risveglia i defunti soldati russi e si appresta a guidarli nell’epico scontro finale.
Wirkola e i suoi collaboratori al copione – Stig Frode Herniksen (la mini-serie Hellfjord) e Vegar Hoel (attore e regista del modesto “spoof” tarantiniano Kill Buljo 2, 2013) – aumentano il tasso di umorismo (ironicamente nero, ma più spesso dalla matrice nettamente “demenziale”) e lo lasciano evolvere in una dimensione completamente diversa dal precedente, fornendogli una sua certa originalità che bilancia l’ovvia mancanza di freschezza, caratteristica consequenziale a ogni sequel (o prequel).
Wirkola gestisce l’azione con un eccellente ritmo, bilanciando abilmente gli aspetti comici con quelli orrorifici, e dimostrandosi ancora una volta abile nel gestire i momenti di “suspense”, senza lasciarsi prendere la mano dalle superiori possibilità degli affetti speciali – sempre asserviti alla storia – e dalle numerose ramificazioni di “subplot” – non sempre necessari.
Un buon cast dà professionalmente vita a personaggi per lo più assurdi e bizzarri, guidato dall’irriverente simpatia del protagonista, lo sceneggiatore Hoel, nel quale però emergono soprattutto la presenza scenica di Ørjan Gamst (cantante della “black metal band” Slogstorm, apparso anche in Dragonheart: Battle for the Heartfire / Dragonheart: L’eredità del drago, 2017 di Patrick Syversen), nel ruolo di Herzog, e la bellezza particolare, in un ruolo secondario, di Amrita Acharia (la serie Game of Thrones / Il trono di spade).
Tecnicamente ineccepibile e con un bilanciato ed efficace mix di effetti di trucco – Mike Elizalde (Looper, 2012 di Rian Johnson) – e visivi – Bryan Jones (Terminator Genisys, 2016 di Alan Taylor) – è una sorta di otto volante privo di rallentamenti e carico di emozioni che, se non supera, sicuramente eguaglia gli ottimi risultati raggiunti con il primo capitolo.
Død snø 2 / Dead Snow 2 (2014, Tommy Wirkola)
