Correva l’anno 1997 e quell’estate avrebbe segnato, a luglio, il momento in cui a Bassiano, in provincia di Latina, si tenne un Festival che, pur tra vari problemi di defezioni, è rimasto impresso tra i goticoni dei tempi.
Un’estate calda non solo a livello climatico ma anche perché il festival in questione – denominato “Ascension of the Gods” – si preannunciava come momento topico della scena italica dei tempi.
Tra i nomi in cartellone (alcuni diedero buca come i recidivi Rosetta Stone) ve ne erano alcuni davvero di grido come i Judith, i Funhouse, Still Patient, Garden of Delight ma, essendo amante delle novità, i miei occhi (e le aspettative) erano (allora come oggi) sempre impaziente di scoprire qualcosa di nuovo ed interessante.
Ecco perché la mia attenzione fu catturata dai nuovi Avant-Garde ed anche dai Chants of Maldoror. Quest’ultimi, da quello che capii ai tempi, forse al loro secondo concerto in assoluto.
Fu allora che conobbi il gruppo di Frosinone, un’entità sonora che divenne, negli anni successivi, nome di punta per quel sottogenere denominato deathrock. A stretto giro di tempo, misi le mani su un oggetto di culto. Un demo ora ricercato in modo maniacale che a distanza di quasi 30 anni si appresta a venire finalmente ristampato grazie all’interessamento degli amici di Darkitalia. Sarà il formato vinilico a marchiare a fuoco di nuovo il nome di “Ritual Death”, una cassetta nera come la pece.
Il Disco
“Ritual Death” era la prova iniziale del percorso della band di Frosinone. Un percorso che avrebbe avuto altri squarci di geniale produzione sonora. Ma il demo iniziale resta testimonianza preziosa e necessaria per comprendere non solo quegli anni ma anche la passione che muoveva alla base chi davvero aveva voglia di esprimersi. Di chi cercava di mettere in note (ma anche in immagini, basta sfogliare il booklet allegato) le istanze e le passioni di un universo sonoro (e non solo). Contrariamente al solo aspetto musicale, “Ritual Death” si proponeva come una messa in opera alchemica. Sia nelle intenzioni musicali ma anche ideali.
L’opera, ispirandosi all’Ars Regia, cercava di indagare e tramettere in musica quel percorso iniziatico di Nigredo (“Reunion And Death”, “Feast In Black”), Albedo (“Post Mortem”, “Resurrection”. “Baptism of Dead”) e Rubedo (“Red Communion, “Requiem Aeternam”) che sta alla base di chi vuole la “Via Magica e Libera”. Alla ricerca di un’immortalità sapienziale perduta ma sempre anelata. Una scelta volta alla ricerca di una trasformazione iniziatica.
Il quartetto dei “Canti di Maldoror” spiazzò tutti con questa cassetta che, seppur acerba, in certe soluzioni sonore rievocava alcune glorie musicali di un passato mai tramontato del tutto (Christian Death, Shadow Project) e di saldare una continuità con i Sopor Aeternus (ci sono molte attinenze loro in “Ritual Death”) ponendosi, nell’ambito italico, già in partenza una spanna sopra molti gruppi del periodo.
Ecco perché, giustamente, bisogna lodare l’iniziativa di Darkitalia che si propone di ristampare, in un affascinante vinile bianco (non credo sia un caso) una gemma di un periodo irripetibile.
“Il vero simbolismo dipende dal fatto che le cose, che possono differire l’una dall’altra nel tempo, nello spazio, nella natura materiale e in molte altre caratteristiche limitative, possono possedere ed esibire la stessa qualità essenziale”
(Titus Burckhardt da “Alchimia: significato e visione del mondo”)