Canzoni per fantasmi.
Già l’opener mette addosso un’ inquietante sensazione di stare ascoltando il lamento di un fantasma fluttuante in giardini abbandonati abitati solo da rose selvatiche, lucertole, e ragni.
I Cranes fin dagli esordi non sono mai stati inquadrabili in generi e sottogeneri, sia per le vocals di Alison sia per quei suoni acustici e ottenebrati.
I Cranes suonano come i Cranes, non prendendo a prestitoabusando nessuna influenza, eppure espimono un’ansia e un’ inquietudine tangibile e palpabile come in “Thursady”, livida, su ritmiche basse e scandite e quella vocina così disturbante.
Suoni acustici che partono soffusi in un crescendo progresivo, e sfociano in tonalità sempre più emotive.
Il minimalismo è onirico ed ipnotico.
Le song sono ninnananne lugubri (“Living and breathing”, appena screziata di battiti e stridori elettrici) con Alison che intrepreta a meraviglia la parte della bambina spettrale e paranoica (l’ossessiva “Leaves of summer” dall’incedere lento e funebre).
Nei Cranes assumono importanza anche i sospiri, che diventano veri e propri echi dilatati.
La tragica “Starblood” non sfigurerebbe tra i classici Batcave, con riff acidi e scheletrici, tirati allo spasimo e battiti da seduta spiritica, intervallati dalla voce di Alison sempre nauseata, così come “Sixth of may”, con riff scagliati in distorsioni e sillabe in frantumi (sembra sempre che la voce di Alison si frantumi come il cristallo, tanto è fragile e sottile).
La cupa e mortifera “Wish” quasi eguaglia “Phornography” dei Cure e meriterebbe di figurare tra i classici del genere: troviamo sempre la chitarra tesa allo spasimo e il martellare della batteria.
“Tomorrow’s tears” è un ritorno alla malinconia acustica e minimale, con gocce di suono che cadono come lacrime, come la sommessa “Beautiful sadness” che suona come un carillon infranto e gli echi di Alison in lontananza e la sconnessa “Hopes are high” incarnazione dello spettro cureiano.
Chiude il cd “Adoration”, quasi catartica, con il suo lampo di speranza data dall’incedere angelico della melodia, e le vocals sempre disperse in meandri di consapevolezza dolorosa come lacrime di sangue.
Personalmente se mi chiedessero di indicare quali gruppi hanno portato il disagio esistenziale in musica non avrei dubbi e citerei i Cranes tra i primi nomi.
Purtroppo alcune polemiche che ho letto in giro, relative alla voce di Alison, che non tutti apprezzano, mi impedisce di dare 10 a questo cd, ma in tempi dove la malinconia esistenziale si è persa dietro a cd legati ai trend, è un peccato perdersi l’occasione di (ri)scoprire questo cd dei Cranes!
Lunaria
Darkwave
1991
Cranes