Nonostante i pochi anni di attività e la poca musica prodotta gli H.O.S. furono uno dei nomi storicizzati della scena new wave – synth mondiale celebrati in numerose compilation e onnipresenti nei dance-floor a tinte scure di tutto il mondo con i loro due singoli di maggior successo come Gabrielle e Face to face. Il 1993 fu l’ultimo loro anno di apparizione , poi i fratelli Mercier fecero perdere le loro tracce senza però mai smettere di comporre musica nella loro Quebec City.
Tornano con il loro terzo disco rompendo ben ventidue anni di silenzio e lo fanno con questo III che balza nella top ten dei cd usciti nel duemilaquindici. Le sonorità e la loro forma canzone è più o meno rimasta tale a quella di un tempo e non si schioda quindi dal synth pop cupo e malinconico pur presentando novità abbastanza importanti . New Wave elettrificata e rock romantico restano gli ingredienti principali dell’algida ricetta sonora che fornisce l’ispirazione al duo Michael/Jean-Pierre ma novità accattivanti si fanno largo soprattutto nelle composizioni vocali.
Il timbro vocale appare più maturo e profondo e si infila perfettamente nel ciclo sempre verde della retromania ottantina . Gli HOS ripescano timbri vocali che ricordano quelli dei Tears for Fears e sonorità ancestrali vicine a quelle dei Sad Lovers and Giants. La loro caleidoscopica fragilità non cade però nei neri vortici della noia e del già sentito , anzi grazie al loro talento melodico e di varietà sonora si alternano toni differenti e registri strumentali opposti che donano lucentezza e carisma ad ogni brano di questo III.
La mancanza di brani singolo e ritornelli killer rispetto al passato non inficia la qualità del disco che rimane alta e vibrante nella sua interezza . “Dead City”e “It Can Only Mean One Thing” potrebbero essere le due tracce simbolo del nuovo platter anche se in realtà ogni traccia possiede una propria anima una sua identità ben precisa . Il comeback ottantino dei canadesi mira dritto al cuore attraverso una forma elettronica alla maniera di John Foxx & The Maths o dei Clan of Xymox . “Terroir III (The Hills, The Sea, The Sky, The Stars)” da il via alla seconda era degli HoS . Strumentale e densa di melodie macchinali apre la strada a “ The Man I Show The World” che si assesta nelle sonorità club-dark di inizi ottanta. Wackage e Breaking Bones spezzano il tessuto narrativo con ritmiche più vivaci mentre la conclusiva “It Can Only Mean One Thing” riporta tutto dove tutto è cominciato ovvero alla scintillante ed abrasiva synth pop , una post card dal 1989.
L’immenso e palpitante potenziale di questo duo si scorge nella produzione del disco . Tutti i lavori , compreso quest’ultimo , sono autoprodotti cosi come lo sono le grafiche e l’artwork . Gli unici finanziamenti di cui dispone il duo provengono dai loro stessi fan e dalla loro stessa etichetta discografica il cui merchandising si può trovare solo nel loro bandcamp.
Nel disco non mancano brani sperimentali come Fall in Line che lasciano presagire la direzione che potrebbe prendere in futuro il duo. Mestiere , coerenza e personalità non mancano così come una prorompente fertilità emotiva. III ci regala attimi intensi atmosfere che mostrano segni di un tempo che è rimasto nella mente di molti e che rivive fervido nelle sonorità degli HoS. Speriamo di non dover aspettare altri ventidue anni per risentir parlare di Michael e di Jean-Pierre.