Primo disco da “promozione seria” per i Pyrroline, il duo tedesco non si nasconde di certo dietro solide mura accuratamente “travestite” e dichiara senza alcuna paura il proprio amore per un electro industrial/dark fortemente zuccheroso ma “rarefatto” che vede la propria forza nel purtroppo non abusato binomio vocale maschile/femminile, di certo stra-tipico ed abusato, ma con alcune vette che da sole bastano a solleticare e sollecitare un acquisto che alla fine penso sia del tutto meritato.
“Ruins Outlast” è uno di quei dischi “pesanti”, belli tosti e lunghi da buttare giù (togliendo le bonus tracks, con quelle il discorso diventa ancora più ampio e completo, di sicuro di musica da sentire ve n’è tanta), la troppa distensione magari aiuterà nel tirare qualche sbadiglio di troppo ma insistere potrebbe portare risultati insperati sino a poco prima.
A colpire subito è la produzione, “entra dentro” nitida e cristallina, rende tutto percepibile e fornisce un amplificato tappeto sonoro per le divagazioni liriche del duo.
E’ la misteriosa “Disobedience” ad aprire il varco, trasportati lentamente veniamo accolti dal sibilo insidioso ma compiacente di Arnte, il pezzo gioca su minime variazioni sul profilo ipnotico e risulta a mio gusto realmente piacevole. “Effulgent” e “Precious Time” mantengono inalterato l’incedere mentre è “Again” a presentarci l’etera voce femminile (poco utilizzata ed è un vero peccato), tipica quanto volete ma dall’effetto assicurato.
“The Enclave” potrebbe diventare la pietruzza da utilizzare per far circolare al meglio il nome, sorniona e dal taglio malinconicamente “easy” com’è. Da non trascurare nemmeno “Ruins Outlast- Cultures Fall”, mentre “Incomplete” ed “Only Living” (credo la migliore, toccantissima) mi hanno fatto ricordare i primi tempi in cui ascoltavo i trascurati Butterfly Messiah. Il momento sognante è inframezzato da una “Worlds Sorrow” intenta a riportare tinte scure ed inquietanti in circolazione.
Di sicuro non si resta impressionati ed incantati nella sua totalità, ma ci sono momenti in cui l’album acquista del valore speciale, di sicuro non ci troviamo di fronte a degli sprovveduti ecco, e ciò emerge chiaramente, bisogno solo andare oltre a tutto quello che c’è di “nascosto”.
La copertina infine aiuta ad alimentare il senso di desolazione ed accresce -seppur di poco- le motivazioni per recuperare il disco. Non ci ricorderemo di “Ruins Outlast” a lungo ma penso che alcuni affezionati del genere potranno ritagliarci su diversi minuti di spasso.
Nothing,Never,Nowhere
Pirrolyne – Ruins Outlast
2013 – Lunaria